Prato verde, le regole d’oro del giardinaggio

Il luogo comune vuole che l’hobby preferito degli inglesi sia il giardinaggio (assieme alla cura di gatti e cani). Il luogo comune sostiene pure che gli abitanti della «perfida Albione» siano i migliori giardinieri per eccellenza. Se contro la prima affermazione nessuno scommette un «euro» (o una sterlina) perchè il rìschio di perdere è elevatissimo, sulla seconda dicerìa il dubbio è perlomeno legittimo. Perchè anno dopo anno gli italiani stanno scoprendo sempre più il giardinaggio (con annessi e connessi). Chiaro che per chi abita in città o in un condominio praticarlo, in tutti i sensi, è un po’ più difficile.

Ma basta guardarsi intomo per notare come, rispetto a qualche anno fa, nel piccolo o nel grande la passione per i fiori e per le piante sia aumentata all’ennesima potenza. Così in città c’è chi si crea una miniserra sfruttando il poco spazio del balcone, o decida di abbellire gli ambienti della casa piazzando al posto giusto delle piante. Per chi, invece, ha la possibilità di avere davanti a casa un pezzetto di verde, creare un giardino, migliorarlo o semplicemente mantenerlo in molti casi diventa un’autentica passione. La prima regola per creare un buon giardino è far esaminare un campione di terra da un agronomo. Una prova semplice e non costosa (siamo attorno alle 50 mila lire), ma indispensabile per sapere che cosa aggiun¬ gere nel terreno. Ce ne sono troppo argiUosoi altri in cui questo o quel componente chimico è insufficiente, altri ancora che sono carenti di «humus». E quindi bisogna provvedere di conseguenza. Poi una volta messo a posto il terreno si passa alla semina (il perìodo consigliato è, in genere, settembre, anche se, naturalmente, si può spargere i semi sia in primavera sia in estate). E quando l’erba è ormai ben radicata, si procede con la disinfestazione delle erbacce attraverso lo spargimento di particolari composti. Ma, intendiamoci, pensare di avere un tappeto da golf è pressoché impossibile. A meno di avere a disposizione un giardiniere personale o di disporre di tanto, tanto tempo libero. Perchè inevitabilmente sul nostro prato arriveranno i semi delle erbacce trasportati dal vento. Figurarsi poi se il terreno si trova in una zona con la campagna confinante o a poca distanza. Per farlo diventare uno splendido tappeto verde bisognerebbe ogni giorno passarlo metro per metro in modo da togliere «a mano» le erbe infestanti. Cosa pressoché impossibile (tranne per pochi). Un’altra avvertenza riguarda le sementi: le più pregiate (e naturalmente costose) consentono una rasatura bassa mentre le altre devono essere tagliate più in alto. Anche in questo caso grande importanza ha comunque l’area da seminare: se è davanti casa certamente vale la pena di utilizzare le sementi di più alto pregio, mentre se bisogna «coprire» le zone brune di un frutteto anche quelle di minore qualità vanno benissimo. Infine ricordarsi sempre che una buona attrezzatura dimezza il lavoro. Partiamo dalle piccole superficie: si possono usare sia le classiche macchinette tagliaerbe (possibilmente con raccoglitore), oppure impiegare i cosidetti decepusgliatorì. Che sono di due tipi: a impugnatura fissa o snodabile. Il primo consente di tagliare l’erba solo in piano o in terreni con scarsa pendenza, il secondo invece va benissimo ovunque. Ma se l’area erbosa è estesa non c’è che il trattorino. Anche in questo caso tutto dipende dalle necessità. La potenza di questo mezzo è infatti proporzionale all’ampiezza di prato da rasare. Sono mezzi semplici semplici i trattorini e dotati di molte sicurezze. Ad esempio per farli andare in modo in genere bisogna tenerli nella posizione «parcheggio) (la relativa leva si aziona solo grazie a un colpo di pedale del freno). E ancora occorre essere seduti (quando ci si alza il sedile il motore resta in moto ma il trattorino non può procedere). Inoltre le lame sono incastonate, ci sono diverse altezze di taglio, un sibilo prolungato avverte quando il raccoglitore dell’erba tagliata è pieno. Però attenzione a quando si klavora su terreni in pendenza: la percentuale massima consentita è del dieci per cento. L’impianto «self service» Si possono seguire tutte le regole di questo mondo, usare i migliori concimi e le migliori sementi, ma perchè il nostro prato diventi (e resti) davvero verde occorre una buona irrigazione. Naturalmente se la superficie non è troppo elevata è sufficiente dotarsi di qualche inegatore comunemente in vendita in ogni centro di floricoltura e con poche decine di migliaia di lire (e una gomma collegata a un rubinetto) il problema è risolto. Unica incombenza quella di spostare gli irrigatori nelle varie zone del terreno, Ma se invece ci si trova di fronte a una prato molto vasto da bagnare, allora non c’è che una soluzione, quella di un impianto di irrigazione automatico. Si parte con la posa di un programmatore, elettromeccanico 0 elettronico, da una a 100 cento stazioni. E’ questo il cervello di ogni impianto irriguo. In questo modo basterà programmare la centralina: sarà lei a fare tutto al nostro posto. Naturalmente seguendo le direttive che le avremo impartite. Come quella di stabilire le ore in cui dovrà azionare i diffusori per bagnare il prato, la durata del ciclo (o di ogni singola stazione), la «potenza» dell’irrigazione (fino al 200 per cento) e ancora se tutti i giorni della settimana o se solo in alcuni. Addirittura c’è un «rain bird», un uccello della pioggia che fa da sensore in modo da impedire l’entrata in funzione dell’impianto quando piove troppo. Poi ecco le «stazioni», ovvero 1 diffusori d’acqua. Che sono piazzati in maniera tale da coprire interamente il terreno. O non raggiungere solo piccoli spazi, in quanto a volte, per via di alberi, cespugli o la stessa posizione del prato è materialmente impossibile bagnare ogni angolo del giardino. Anche in questo caso la scelta di questi diffusori dipende dalle singole necessità. Ci sono quelli che ruotano a 360 gradi e «lanciano» le gocce d’acqua a parecchi metri di distanza, altri che invece vengono «limitati» per non spruzzare contro i muri di casa, altri ancora che bagnano solo lateralmente (sono quelli adatti ad esempio per le aiuole lunghe e strette), Insomma dove prima occorreva la mano dell’uomo ora c’è l’elettronica. I costi? Tutto dipende da quanto è ampio il giardino. Of course, per dirla come gli inglesi. Ma in fatto di comodità non c’è dubbio: è una spesa ben fatta. Perchè presi come siamo dal lavoro è impossibile pensare, in certi casi, di affidarsi ancora al «fai da te».

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